Guerra di regime: Putin affida la sua sopravvivenza al conflitto permanente
L’invasione hitleriana della Polonia e quella putiniana dell’Ucraina rispondono alla stessa logica espansionista e genocidaria
Il regime putiniano e la guerra europea che ha scatenato sono ormai legati a filo doppio, al punto da indentificarsi. Non solo nel senso che Putin è destinato ad essere ricordato come l’emulo di Hitler nel XXI secolo - l’invasione della Polonia e quella dell’Ucraina rispondono alla stessa logica espansionista e genocidaria -, ma soprattutto per il fatto che il despota ha affidato la sua sopravvivenza politica all’esito del conflitto in corso.
La battaglia per l’Ucraina finirà definitivamente soltanto tra le mura Cremlino. Finché Putin resterà al potere la guerra continuerà, a meno di una disfatta senza appello che al momento non sembra all’orizzonte (l’Occidente ha evidentemente paura di vincere). Putin è sinonimo di scontro permanente: è impossibile che vinca ma - a questo punto - gli basta prolungare le ostilità all’infinito. È questo il suo unico obiettivo, fallita la guerra di conquista e perduta ogni possibilità di successi militari di peso sul breve e medio periodo. Guerra e sopravvivenza del sistema Putin sono ormai la stessa cosa, visti da Mosca. La fine del conflitto significa per i gerarchi russi il baratro, la caduta e - probabilmente - il giudizio per crimini contro l’umanità. La guerra è diventata un fine in se stesso.
Il sistema putiniano non ha nulla da offrire ormai, né dentro né fuori la Russia. La tragedia che ha provocato nasce da un irrisolvibile complesso di inferiorità, da un’istituzionalizzazione del rancore che ha trasmesso all’intera popolazione. La sindrome dell’assedio (“ci vogliono distruggere”) è l’unico rifugio dell’assediante. Ciò non significa che Putin rinunci alle sue ambizioni di ricostruire uno pseudo-impero in Europa orientale, anzi ne rafforza la visione espansionista: più la guerra si allunga, più la sua presa sul potere è assicurata. Fino al probabile disastro finale. È per questo che nessuno può considerarsi al sicuro al di là dell’Elba, e lo sanno bene le nazioni che hanno già sperimentato la dominazione russa. “La Russia non ha confini”, recitano i cartelli di propaganda nelle città e nei villaggi. Vanno presi alla lettera.
Se si vuole evitare la terza guerra mondiale, l’unica soluzione realistica (non “realista”) è la caduta di Putin e del suo regime. I dubbi sul dopo sono legittimi ma non devono nascondere l’evidenza: non basterà vincere in Ucraina, Putin dovrà essere sconfitto a Mosca.