La fine dell'Ucraina come nazione: l'editoriale di RIA Novosti rivela i piani russi
Eliminazione della statualità ucraina per generazioni, liquidazione delle sue classi dirigenti, rieducazione della popolazione, abolizione del nome stesso di Ucraina e della sua cultura
Al principio fu l’editoriale della vittoria pubblicato per sbaglio. Due giorni dopo l’invasione russa dell’Ucraina, un articolo collettivo diffuso da vari media vicini al Cremlino celebrava la riconquista di Kiev, la sua incorporazione nel Russkij Mir e la definitiva “soluzione della questione ucraina”. Un ottimismo rivelatore delle aspettative di vittoria rapida ma soprattutto degli obiettivi della guerra di Putin contro il vicino “ribelle”. Quaranta giorni dopo, le testimonianze sulla spaventosa strage di civili a Bucha coincidono con un nuovo proclama apparso su RIA Novosti, relativo al futuro dell’Ucraina “denazificata”. Un vero e proprio programma di pulizia etnico-ideologica del Paese, da portare a termine nel corso degli anni dopo la conquista militare e la decapitazione delle sue classi dirigenti. “Cosa dovrebbe fare la Russia con l’Ucraina”, questo il titolo del pezzo firmato da Timofei Sergeitsev, dal quale emerge una volta di più la visione totalitaria che ispira la guerra di Putin. Tutto ruota intorno al concetto orwelliano di “denazificazione” che, nel corso del ragionamento (chiamiamolo così), si trasforma inevitabilmente in “de-ucrainizzazione”, grazie all’assimilazione strumentale di “nazismo” e nazione ucraina in quanto tale.
Vediamo i passaggi fondamentali:
- la “denazificazione” deve applicarsi alla “massa nazificata della popolazione”, non solo alla classe politica. Cioè a tutti quelli che, ad insindacabile giudizio degli invasori, si sono resi responsabili di aver approvato e seguito la politica del “regime nazista”. Sono i “nazisti passivi”, che non possono essere direttamente puniti come “criminali di guerra”;
- la “denazificazione” della massa consiste nella “rieducazione”, da realizzarsi tramite la “repressione ideologica” e una “severa censura”: non solo in ambito politico, ma anche in quello “della cultura e dell'istruzione” (leggasi russificazione);
- solo il vincitore della guerra può farsi responsabile della “denazificazione”, motivo per cui deve assumere il controllo totale del Paese e del processo: l’Ucraina non può quindi conservare la propria sovranità;
- il processo di “denazificazione” durerà almeno per “una generazione”: è dall’89 (data fatidica nella weltanschauung putinista) che il nazionalismo ucraino sta dirottando il Paese “verso il nazismo”;
- il “nazismo” ucraino non si esprime attraverso un partito, un Führer o leggi razziali ma nel “desiderio di indipendenza” che porta l’Ucraina verso un “percorso europeo, occidentale, filo-americano”. Il “nazismo ucraino” si declina quindi come “razzismo europeo e, nella sua forma più sviluppata, americano”. Non c’è spazio allora per formule “come NATO no, UE sì”, il nemico è l’Occidente in quanto tale;
- nemmeno la denominazione di Ucraina potrà essere mantenuta una volta completata la “denazificazione”. Questo perché il processo implicherà “necessariamente” una “de-ucrainizzazione”, ovvero la fine di quell’elemento etnico di identificazione introdotto dalle autorità comuniste all’epoca dell’Unione Sovietica. L’Ucraina è inconcepibile come “Stato nazionale”, in quanto “costruzione artificiale anti-russa” che tende “naturalmente al nazismo”. Come tale, non ha diritto di esistenza;
- la “denazificazione” si svilupperà quindi come programma ideologico di purificazione nazionale, una volta conclusa la fase militare. Ciò richiederà, riconosce l’editoriale, “una presenza militare russa permanente sul suo territorio”, una sorta di “barriera interna antifascista” che la separi dal territorio russo vero e proprio (si noti il linguaggio evocativo della retorica comunista sul Muro di Berlino);
- il programma ideologico seguirà pertanto la logica di un’operazione militare e si articolerà in diverse fasi: liquidazione delle forze armate ucraine (aka “naziste”) e delle loro infrastrutture; formazione di “organi di autogoverno” nei territori “liberati”; imposizione dello “spazio informativo russo” nei media, nei materiali didattici e nei programmi educativi “a tutti i livelli”; investigazioni “di massa” per l’identificazione dei “complici del regime nazista” che verranno destinati a “lavori forzati” come punizione per le loro attività; “organismi permanenti di denazificazione” incaricati di riscrivere la storia dell’Ucraina in chiave russa nei prossimi venticinque anni;
- la Russia non avrà alleati in quest’opera di “denazificazione” e “de-ucrainizzazione” e dovrà abbandonare definitivamente ogni illusione filo-europea e filo-occidentale, rappresentando per se stessa quei valori “dell’Europa storica” che l’Occidente ha abbandonato;
- la Russia “ha fatto tutto il possibile per salvare l’Occidente nel XX secolo”, proponendo un’alternativa al capitalismo che è stata rifiutata, il “progetto socialista che ha schiacciato il nazismo”. I sacrifici della Russia sono stati accolti con ingratitudine ed è arrivato quindi il momento di intraprendere “la propria strada, senza preoccuparsi del destino dell’Occidente”.
Riassunto: eliminazione della statualità ucraina per generazioni, liquidazione delle sue classi dirigenti, rieducazione della popolazione, abolizione del nome stesso di Ucraina e della sua cultura.
Non chiamatelo genocidio, se non volete. Ma la strada verso la pulizia etnica e lo sterminio di massa è tracciata.